Tenore di vita: nuova sentenza “riabilitante” della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4523/2019, ha eccezionalmente “riabilitato” una decisione del giudice a quo che, nel confermare l’assegno di divorzio in favore dell’ex moglie, aveva deciso in base al criterio, non più attuale, del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Il giudice a quo ha stabilito, conformemente a quanto deciso dalle Sezioni Unite in materia, con la recente sentenza (n. 18287/2018,) la natura composita del giudizio di accertamento del diritto alla percezione dell’assegno.
Lo stesso ha disposto che non si può dubitare del diritto in capo alla donna a godere dell’assegno, essendo processualmente certo che la stessa non gode di alcun reddito e “ancor meno gode di un reddito adeguato al tenore di vita (molto elevato in ragione delle potenzialità economiche del coniuge) tenuto durante il matrimonio”.
In particolare, il giudice ha evidenziato le condizioni personali della resistente, prossima a compiere i 60 anni di età, disoccupata, priva di fonti di reddito alternative e con remote possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro.
La Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi ha affermato che nonostante l’indirizzo interpretativo seguito dal giudice a quo prima e dalla Corte d’Appello poi, appaia superato, gli esiti a cui sono pervenuti i decidenti del grado appaiono coerenti e in linea con il più recente pensiero espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 18287/2018.
Pertanto, il parametro sulla base del quale deve essere fondato l’accertamento del diritto alla percezione dell’assegno “ha natura composita, dovendo l’inadeguatezza dei mezzi o l’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive essere desunta dalla valutazione, del tutto equi ordinata degli indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5, comma 6, L. n. 898/1970, in quanto rivelatori della declinazione del principio di solidarietà”.
Gli Ermellini hanno, infatti, ritenuto che “la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà”.
Ciò “conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente”.