Violenza domestica: Strasburgo condanna l’Italia

Cedu, Première Section, 7 aprile 2022, n. 10929_
I fatti. La ricorrente è una cittadina italiana, residente a Scarperia. Nel 2010, la donna ha intrapreso una relazione con N.P., senza sapere che l’uomo soffriva, dall’età di 20 anni, di disturbo bipolare. In particolare, aveva manifestato progressivi cambiamenti d’umore accompagnati da impulsività e comportamento estremamente violento; aveva anche sofferto di disturbo ossessivo-compulsivo. Prima della relazione con la ricorrente, nei confronti di N.P., era stato disposto l’allontanamento dalla precedente partner.
Dalla relazione con N.P., sono venuti alla luce due figli: V., nata nel 2011, e M., nato nel 2017. Tra novembre 2015 e settembre 2018, la signora Landi ha subito quattro aggressioni dal suo compagno, all’esito delle quali è sempre intervenuta la polizia di Scarperia. Nel frattempo, la ricorrente ha presentato, e poi ritirato, diverse denunce. Tuttavia, era stato avviato un procedimento penale contro N.P. con l’accusa di violenza domestica e nonostante un esperto avesse chiarito che l’uomo rappresentava un pericolo per la società, nei suoi confronti non erano state disposte misure di alcun tipo.
La quarta aggressione si è compiuta nel settembre 2018. N.P. era stato disturbato da un rumore proveniente dal figlio e da una telefonata alla sig.ra Landi. Così, dopo aver afferrato la figlia V. per i capelli e averla scaraventata contro un muro, ha impugnato un coltello da cucina e aggredito la ricorrente, pugnalandola al viso e al corpo. N.P. ha poi accoltellato più volte il figlio M., che si era steso accanto alla madre, provocandone la morte.
Il ricorso. Invocando l’articolo 2 CEDU (diritto alla vita), la ricorrente ha sostenuto che le autorità italiane non hanno assunto tutte le azioni necessarie per proteggere la sua vita e quella di suo figlio. Invocando altresì l’articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’articolo 2 CEDU, ha ritenuto che la mancanza di tutela giuridica rispetto alle accuse di violenza domestica hanno costituito un trattamento discriminatorio basato sul sesso.
La condanna della Corte edu. La Corte ha statuito che le autorità italiane sono venute meno al loro dovere di condurre un’immediata valutazione del rischio di reiterazione degli atti violenti commessi ai danni della signora Landi e dei suoi figli, come richiesto nei casi di violenza domestica. I pubblici ministeri, in particolare, afferma la Corte, al fine di tutelare gli interessati, non hanno assunto misure operative e preventive per attutire questo rischio e hanno permesso che l’uomo potesse continuare a minacciare, molestare e aggredire la ricorrente.
Vi è quindi violazione dell’articolo 2 CEDU. Quanto all’articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’articolo 2 CEDU, la Corte ha osservato che non vi sono elementi in grado di dimostrare che i pubblici ministeri incaricati del caso abbiano agito in modo discriminatorio nei confronti della ricorrente.


Facts. The applicant is an Italian citizen residing in Scarperia. In 2010, she entered into a relationship with N.P., without knowing that the man had suffered from bipolar disorder since the age of 20. In particular, he had shown progressive mood changes accompanied by impulsiveness and extremely violent behaviour; he had also suffered from obsessive-compulsive disorder. Prior to his relationship with the applicant, N.P. had been ordered to leave his previous partner.
From the relationship with N.P., two children were born: V., born in 2011, and M., born in 2017. Between November 2015 and September 2018, Ms Landi suffered four assaults by her partner, as a result of which the Scarperia police always intervened. In the meantime, the applicant had lodged, and then withdrawn, several complaints. However, criminal proceedings had been initiated against N.P. on charges of domestic violence and although an expert had made it clear that the man represented a danger to society, no measures had been taken against him.
The fourth assault took place in September 2018. N.P. had been disturbed by a noise coming from his son and a phone call to Ms Landi. Thus, after grabbing daughter V. by the hair and throwing her against a wall, he grabbed a kitchen knife and attacked the applicant, stabbing her in the face and body. N.P. then stabbed her son M., who had been lying next to his mother, several times, causing his death.
The appeal. Invoking Article 2 ECHR (right to life), the applicant alleged that the Italian authorities had failed to take all necessary action to protect her life and that of her son. Also invoking Article 14 (prohibition of discrimination) in conjunction with Article 2 ECHR, she considered that the lack of legal protection with respect to allegations of domestic violence constituted discriminatory treatment based on sex.
The conviction of the ECtHR. The Court ruled that the Italian authorities had failed in their duty to conduct an immediate assessment of the risk of repetition of the violent acts committed against Ms Landi and her children, as required in domestic violence cases. The prosecutors, in particular, the Court states, in order to protect the persons concerned, failed to take operational and preventive measures to mitigate that risk and allowed the man to continue threatening, harassing and assaulting the applicant.
There is therefore a violation of Article 2 ECHR. As regards Article 14 (prohibition of discrimination) in conjunction with Article 2 ECHR, the Court noted that there was no evidence that the prosecutors in charge of the case had acted in a discriminatory manner towards the applicant.