Offese e disprezzo della moglie: è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia.
Cassazione penale, sentenza n. 18316 del 09.04.2021.
La Suprema Corte, con la recente sentenza n. 18316 del 09.04.2021, ha nuovamente approfondito i confini del reato di maltrattamenti in famiglia, ribadendo il principio secondo cui anche gli atti di disprezzo e di offesa alla dignità del coniuge, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, integrano il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi.
Tale reato è previsto e punito dall’articolo 572 del Codice penale, avendo come fine la tutela della salute e dell’integrità fisica e psichica di persone che appartengono ad un contesto familiare o para familiare.
I maltrattamenti in famiglia integrano un’ipotesi di reato necessariamente abituale, per la sussistenza di comportamenti che acquistano rilevanza penale solo per effetto della loro reiterazione nel tempo.
È necessario, per la configurabilità del reato, che i singoli atti offensivi e denigratori siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile per la vittima.
Il Giudice deve, pertanto, accertare che sussista un sistematico, cosciente e volontario compimento di atti di violenza fisica o morale in danno della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali per quest’ultima.
Nel caso di specie, veniva accertato che l’imputato aveva posto in essere condotte caratterizzate dalla ripetitività, che consistevano in sopraffazioni e umiliazioni nei confronti della moglie, la quale si trovava in uno stato di sudditanza, costretta a subire aggressioni verbali, ingiurie, minacce e comportamenti denigratori della sua qualità di madre e di moglie.
La Suprema Corte ha dunque ribadito il principio secondo cui i comportamenti che integrano il reato di maltrattamenti in famiglia “possono consistere in percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche in atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali”, ritenendo, in conclusione, configurato il reato di maltrattamenti in famiglia “sebbene le violenze fisiche fossero meno frequenti” (Cassazione penale sez. VI – 09/04/2021, n. 18316).
Nel caso di specie la difesa dell’imputato aveva eccepito la non configurabilità del reato in esame, asserendo che la moglie realizzava i medesimi comportamenti nei confronti del coniuge.
Difatti, ove le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità ed intensità equivalente, non può dirsi che vi sia un soggetto che maltratta e uno che è maltrattato, né che l’agire dell’uno sia teso – anche dal punto di vista soggettivo – ad imporre all’altro un regime di vita persecutorio ed umiliante, trattandosi di mera conflittualità familiare.
Nel caso di specie, tuttavia, la Suprema Corte ha rilevato che “a fronte della condotte abusanti descritte, non è certo sufficiente a determinare una situazione di reciprocità o parità la mera risposta alle offese ricevute dovendo essere dimostrate, perlomeno, violenze, offese, minacce e forme di aggressione fisica reciproche fra i due conviventi che non sono prospettabili vieppiù perché affidate alla generica linea difensiva dell’imputato che muove da una logica “riduzionista” del protratto comportamento tenuto, relegato a pochi e sporadici episodi” , così rigettando il ricorso dell’imputato e confermando la condanna inflittagli dal Giudice di merito.
Offenses and contempt of the wife: the crime of mistreatment in the family is configurable.
Criminal Cassation, sentence no. 18316 of 04.09.2021.
The Supreme Court, with the recent sentence no. 18316 of 09.04.2021, has again deepened the boundaries of the crime of mistreatment in the family, reaffirming the principle according to which also the acts of contempt and offense to the dignity of the spouse, which result in real moral suffering, integrate the crime of maltreatment of family members or cohabitants.
This offense is provided for and punished by Article 572 of the Criminal Code, having as its purpose the protection of the health and physical and mental integrity of people who belong to a family or para-family background.
Maltreatment in the family integrates a hypothesis of necessarily habitual crime, due to the existence of behaviors that acquire criminal relevance only as a result of their recurrence over time.
It is necessary, for the configurability of the crime, that the single offensive and denigrating acts are the component of a broader and more unitary habitual conduct, suitable for imposing a regime of oppressive, mortifying and unsustainable life for the victim.
The Judge must, therefore, ascertain that there is a systematic, conscious and voluntary carrying out of acts of physical or moral violence to the detriment of the victim, which result in real moral suffering for the latter.
In the present case, it was ascertained that the accused had carried out conduct characterized by repetitiveness, which consisted of oppression and humiliation towards his wife, who was in a state of subjection, forced to undergo verbal assaults, insults, threats and behaviors that denigrate her quality as mother and wife.
The Supreme Court therefore reaffirmed the principle according to which the behaviors that integrate the crime of mistreatment in the family “can consist of beatings, injuries, insults, threats, privations and humiliations imposed on the victim, but also in acts of contempt and offense to his dignity, which result in real moral suffering “, considering, in conclusion, configured the crime of mistreatment in the family” although physical violence was less frequent “(Criminal Cassation section VI – 09/04/2021, n. 18316 ).
In the present case, the defense of the accused had pleaded the non-configurability of the crime in question, asserting that the wife carried out the same behavior towards her spouse.
In fact, where the violence, the offenses and the humiliations are reciprocal, with an equivalent degree of gravity and intensity, it cannot be said that there is a subject who mistreats and one who is mistreated, nor that the action of one is tense – also from the subjective point of view – to impose a persecutory and humiliating regime of life on the other, since it is a mere family conflict.
In the present case, however, the Supreme Court found that “in the face of the abusive behaviors described, the mere response to the offenses received is certainly not sufficient to determine a situation of reciprocity or equality, since at least violence, offenses, threats and reciprocal forms of physical aggression between the two cohabitants that cannot be envisaged more and more because they are entrusted to the generic defense line of the accused that moves from a “reductionist” logic of the protracted behavior, relegated to a few and sporadic episodes “, thus rejecting the appeal of the ‘accused and confirming the sentence imposed on him by the Judge of merit.