Il lavoro casalingo della moglie va qualificato come contributo alla conduzione familiare
Cass. Civ., Sez. VI – 1, ord., 17 agosto 2022, n. 24826
L’assegno divorzile deve assicurare all’ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita – assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione dell’intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto anche delle eventuali attribuzioni o degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l’esigenza perequativa.Nel caso in esame, gli Ermellini hanno cassato la sentenza impugnata poiché la Corte territoriale ha erroneamente affermato, a fondamento della sua decisione di riduzione dell’assegno, che il contenuto assistenziale del diritto all’assegno consiste in un mero contributo finalizzato a garantire un livello di vita dignitoso all’ex coniuge, laddove la funzione dell’assegno è proprio quella di garantire (e non di contribuire al) il raggiungimento di una condizione di autosufficienza economica. Anche in assenza di figli la donna casalinga coopera alla crescita del patrimonio del marito che si dedica solo al suo lavoro.