Vaccinazioni, mascherine, tamponi anti-Covid: quando i genitori dei figli minorenni la pensano diversamente

L’interesse dei minori, nelle questioni che attengono alla loro salute, deve essere perseguito anche contro la posizione di quel genitore che, in nome di proprie convinzioni personali, non suffragate da alcuna evidenza scientifica, imponga ai figli scelte errate. Nel perseguimento dell’interesse del figlio minorenne, un coniuge può essere autorizzato a provvedere in autonomia, senza il consenso dell’altro coniuge che manifesti volontà contraria, a far effettuare al figlio minorenne le vaccinazioni obbligatorie e facoltative e a far effettuare allo stesso, tutte le volte che si renda necessario, il tampone anti-Covid, con conseguente limitazione della responsabilità genitoriale del genitore dissenziente. Nel perseguimento dell’interesse del figlio minorenne, un coniuge può essere autorizzato a valutare in autonomia, senza il consenso dell’altro coniuge che manifesti volontà contraria, se sia necessario o anche solo opportuno far somministrare il vaccino anti-Covid al figlio minorenne, con conseguente limitazione della responsabilità genitoriale del genitore dissenziente. Nel perseguimento dell’interesse del figlio minorenne, un genitore può essere autorizzato a adoperarsi in autonomia affinché il figlio minorenne utilizzi la mascherina necessaria a limitare il contagio da Covid-19, in tutte le situazioni imposte da legge o comunque in caso di assembramento, con conseguente limitazione della responsabilità genitoriale del genitore dissenziente.

Il caso

Due genitori, divorziati, non sono d’accordo sui trattamenti medici e diagnostici da assicurare alla figlia minorenne, di 11 anni. A cagione del contrasto, radicale ed insanabile, il padre decide di rivolgersi al tribunale e chiede di essere autorizzato, in autonomia, a far somministrare alla figlia minorenne le vaccinazioni obbligatorie e quelle raccomandate dalla legge (d.l. 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dalla l. 31 luglio 2017, n. 119) Chiede, inoltre, di essere autorizzato a valutare, in autonomia, la necessità o anche solo l’opportunità di far somministrare alla figlia, una volta raggiunto il dodicesimo anno di età, la vaccinazione anti-Covid. Non solo. Il padre si rivolge al giudice anche per essere autorizzato a far effettuare alla figlia, senza il consenso della madre, il tampone anti-Covid tutte le volte che si renda necessario. Il ricorrente, infine, rappresenta al giudice che la madre si oppone pure all’utilizzo, da parte della figlia, della mascherina di protezione.

La resistente, costituendosi nel giudizio, contesta tutte le richieste avanzate del padre. Innanzitutto, viene sollevata la questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 73/2017, convertito nella l. n. 119/2017. In ogni caso, viene lungamente spiegato, i vaccini obbligatori e quelli raccomandati dalla legge non avrebbero l’efficacia decantata e, anzi, sarebbe di gran lunga preferibile non sottoporsi ad essi. Si giunge, così, alla vaccinazione anti-Covid, nei cui confronti la presa di posizione è radicale. La scienza medica internazionale, che ha promosso il vaccino contro il Covid-19, non sarebbe una vera scienza, ma solo una subcategoria «promossa dalla politica, dai media, e dai multi miliardari che la controllano». Il vaccino, dunque, avrebbe carattere sperimentale ed il suo utilizzo risulterebbe addirittura in contrasto con il «Codice di Norimberga». D’altra parte, il Covid-19 sarebbe una malattia influenzale, scarsamente letale, resa più aggressiva dalla mancata predisposizione, da parte dell’autorità governativa, di cure e terapie tempestive, nonché dalla limitazione delle attività fisiche all’aria aperta. In questo quadro, le mascherine di protezione non soltanto sarebbero inutili, ma addirittura pericolose, in quanto la non completa espulsione delle tossine minerebbe le condizioni fisiche e psicologiche delle persone.

Sulla base delle deduzioni svolte, la resistente in via riconvenzionale domanda l’affidamento esclusivo della figlia. Le scelte e le richieste dell’ex marito giustificherebbero, nell’interesse della minore, questa soluzione. Tanto più che, in passato, l’uomo ha abusato di sostanze alcoliche.  

Le soluzioni giuridiche

Con una serie di condivisibili motivazioni, la sentenza del Tribunale di Milano accoglie le richieste del padre. In primo luogo, il giudice milanese rileva che la questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 73/2017, convertito nella l. n. 119/2017, promossa dalla resistente, è manifestamente infondata. Le principali doglianze fatte valere, infatti, sono già state poste all’attenzione dei giudici delle leggi (in particolare, Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 5; Corte cost., 14 dicembre 2017, n. 268): non è affatto vero, in sostanza, che il legislatore non abbia bilanciato in modo equilibrato, conformemente al principio di proporzionalità, i valori costituzionali in gioco nelle vicende delle vaccinazioni obbligatorie dei minorenni. Pure gli ulteriori profili di legittimità costituzionale, fatti valere dalla resistente, sono per il Tribunale di Milano manifestamente infondati. Nel momento in cui si afferma, in particolare, che la disciplina in esame andrebbe contro il diritto di obiezione di coscienza (per motivi etici o religiosi), non si tiene in considerazione il fatto che quando il legislatore impone obbligatoriamente alcune vaccinazioni per i minori, valuta da un lato il diritto dei terzi alla salute ed il corrispettivo interesse pubblico e, dall’altro, non la libertà di autodeterminazione, ma l’interesse del bambino, che richiede tutela anche nei confronti dei genitori. In presenza di questo quadro normativo, non vi è dubbio che le vaccinazioni debbano essere eseguite e che ci si possa sottrarre all’obbligo previsto soltanto nel caso di documentate condizioni cliniche del minore, in relazione alle quali la vaccinazione possa costituire un pericolo per la salute.

Conformemente all’orientamento prevalente, dunque, il padre (in autonomia e senza il consenso della madre) va autorizzato a far effettuare alla figlia tutte le vaccinazioni obbligatorie, secondo un programma predisposto dal Centro vaccinale competente per territorio (Trib. Milano, 26 febbraio 2021; Trib. Milano, 8 dicembre 2018; Trib. Milano, 15 novembre 2018; App. Napoli, 30 agosto 2017).

Peraltro, non solo le vaccinazioni obbligatorie, ma anche quelle «raccomandate», sottolinea ancora il giudice in un successivo passaggio, sono state sottoposte ad una validazione scientifica da parte delle autorità competenti (sì da potersi dire che esse mirano alla salvaguardia della salute del minore). Le medesime conclusioni cui si giunge per i vaccini obbligatori, dunque, valgono per quelli raccomandati.

Quanto alla vaccinazione anti-Covid, il Tribunale di Milano taccia come «oltranzistiche» le posizioni della resistente, rilevando, fra l’altro, che: (i) a differenza di quanto sostenuto nelle memorie difensive della madre, il vaccino contro il Covid-19 è stato ritenuto efficace e sicuro in diversi Paesi del mondo, tanto che fino a settembre del 2021 sono state somministrate oltre 5 milioni di dosi; (ii) le autorizzazioni per la vaccinazione anti-Covid ai bambini che abbiano compiuto dodici anni provengono dall’Ema (Agenzia Europea per i Medicinali) e dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco). Come già affermato in un precedente del Tribunale di Monza, pertanto, un genitore può essere autorizzato a far somministrare al figlio il vaccino anti-Covid nonostante l’opposizione dell’altro (Trib. Monza, 22 luglio 2021).

Prive di fondamento scientifico e contrarie all’interesse della figlia minorenne, infine, sono considerate le deduzioni della resistente circa l’inefficacia o, addirittura, la pericolosità delle mascherine di protezione (il cui utilizzo in alcuni casi è obbligatorio) e dei tamponi attualmente in commercio.

Non solo, dunque, le richieste del ricorrente vanno accolte, ma va disattesa l’ingiustificata domanda della madre di affidamento esclusivo. Innanzitutto, le richieste di tipo medico del padre mirano a tutelare, al meglio, la figlia. Inoltre, non possiedono fondamento i rilievi della resistente circa una presunta incapacità del padre a svolgere il suo ruolo genitoriale, legata ad un periodo in cui egli abusava di sostanze alcoliche. L’uomo, infatti, ha prodotto una certificazione medica in cui si riferisce di un suo percorso terapeutico, iniziato nel 2012 e terminato nel 2017 (per un totale di 86 sedute), grazie al quale ha interrotto completamente l’assunzione di alcol.

I fatti ed il quadro istruttorio, per il giudice milanese, sono tali da rendere irrilevante l’audizione della figlia minorenne. La bambina, infatti, è molto giovane (11 anni), mentre le materie oggetto di discussione (i trattamenti medici, compreso il vaccino anti-Covid) richiedono un particolare discernimento.

I rilievi svolti dalla resistente (alcuni dei quali, come rilevato, già oggetto delle decisioni dei giudici delle leggi), l’infondata domanda di affidamento esclusivo e la lungaggine di taluni atti della difesa della donna (risulta essere stata vergata una memoria difensiva di 103 pagine) giustificano, per il Tribunale di Milano, la condanna al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., essendo di fronte ad una condotta che integra l’«abuso del processo» (Cass., 15 febbraio 2021, n. 3830; sull’opportunità della sinteticità e chiarezza degli atti del processo v., ex multisCass., 20 ottobre 2016, n. 21297).